FISIO 2000 https://www.fisio2000.it Ricerca e tecnologia applicata alla riabilitazione Sun, 25 Feb 2024 17:40:47 +0000 it-IT hourly 1 Yoga: a rischio le anche sia degli insegnanti che degli allievi https://www.fisio2000.it/yoga-a-rischio-le-anche-sia-degli-insegnanti-che-degli-allievi https://www.fisio2000.it/yoga-a-rischio-le-anche-sia-degli-insegnanti-che-degli-allievi#comments Mon, 04 Nov 2019 23:39:51 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1369 Alcune riflessioni sulle problematiche legate alla pratica dello yoga partendo da un'interessante intervista a Benoy Matthews pubblicata sul sito inglese della BBC

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In un’intervista pubblicata sul sito inglese della BBC, Benoy Matthews, un fisioterapista britannico specializzato nelle problematiche dell’anca e del ginocchio con più di vent’anni d’esperienza nel campo, mette in guardia sul crescente numero di insegnanti di yoga che incorrono in problematiche all’anca, talvolta anche gravi, al punto da dover ricorrere alla chirurgia.

La maggior incidenza di questi infortuni potrebbe essere causata dalle posizioni in eccessiva chiusura che avvengono tra alcune parti del corpo, come avviene ad esempio tra gli arti inferiori e il tronco. In alcune delle posizioni previste dallo Yoga si richiede di mantenere ripetutamente alcune posizioni “obbligate” e oltre il limite fisiologico. Il dott. Matthews afferma di visitare 4 o 5 insegnanti di Yoga al mese: circa la metà necessità semplicemente di consigli su come praticare in maniera più fisiologica alcune delle posizioni “prescritte” dallo yoga, in modo da non stressare troppo le articolazioni. Ma altri, con problematiche più serie o in fase avanzata, sono costretti a ricorrere alle cure mediche o addirittura alla chirurgia ortopedica, che talvolta prevede addirittura l’impianto di una protesi totale d’anca.
“Spesso le persone confondono la sensazione di tensione e stiramento con il dolore”, afferma. “Se si avverte una sensazione di blocco, rigidità o di schiacciamento nella zona dell’inguine, non dovrebbe essere ignorata”, prosegue, “Occorre saper conoscere i propri limiti”.
Inoltre il dott. Matthews osserva che per chi pratica Yoga può essere facile interpretare una sensazione di rigidità muscolare che deve essere “vinta” attraverso le posizioni mantenute, con una sensazione di dolore e rigidità articolare che invece dovrebbe farci smettere di insistere. Matthews tiene a precisare nel suo intervento al sito della BBC che non intende “accusare” lo yoga, d’altronde egli stesso lo pratica e riconosce il beneficio che apporta alla salute questo tipo di attività fisica. “Ma come ogni altra cosa, può causare dei danni e non si può metterla su un piedistallo”. Occorre capire e interpretare i segnali che ci invia il nostro corpo e sapere quando probabilmente abbiamo oltrepassato il nostro limite.
Nelle classi di Yoga, specie se numerose, non è possibile effettuare un’efficacie supervisione di tutti gli allievi. Potrebbe risultare automatico talvolta imitare ciò che fanno gli altri partecipanti, ma occorre ricordare che le posizioni che riesce a raggiungere e mantenere una persona potrebbero non essere fattibili per altre. Matthews suggerisce quindi di cercare il proprio limite attraverso il raggiungimento di posizioni comode e confortevoli per se stessi, piuttosto che raggiungere posizioni fino in fondo a quello che sarebbe il limite teorico previsto dalla disciplina: “solo perché la persona che ti sta accanto può arrivare fino in fondo non vuol dire che sia necessario e utile anche per te fare lo stesso”.

Condivido con il dott. Matthews la mia esperienza con pazienti che frequentavano yoga e che si sono rivolte a me per patologie all’anca. Rispetto alla casistica riportata dal collega inglese, devo dire che ad oggi non è per fortuna mai capitato di dover indirizzare dei pazienti verso la chirurgia ortopedica: nella maggior parte dei casi la risoluzione dei sintomi e il completo ritorno allo yoga si è completato nel corso di circa 2 o 4 mesi al massimo. Tuttavia, rispetto all’età media riportata dal collega Matthews (40-42 anni), devo riportare purtroppo una casistica con età inferiore, intorno ai 34-35 anni, solitamente di sesso femminile.
Inoltre i pazienti da me visitati non sono soltanto insegnanti, anzi per lo più si tratta di allievi.
I sintomi più frequentemente riportati sono la rigidità in alcuni movimenti anche della vita quotidiana, come accavallare le gambe o alzarsi dopo essere stati seduti per molto tempo, e il caratteristico dolore nella zona tra l’inguine e l’interno coscia, spesso indice di una patologia all’interno dell’articolazione dell’anca.
In questi casi occorre fermarsi dal praticare questa attività e richiedere il consulto di un fisioterapista specializzato che possa valutare un’eventuale disfunzione a carico dell’articolazione o della muscolatura che ne controlla i movimenti. Non sempre è necessario effettuare degli accertamenti radiografici, anche per via dei cosiddetti “falsi positivi” (1, 2), ovvero la presenza di referti teoricamente anomali ma non necessariamente correlati ai sintomi del paziente, che si riscontrano in questi esami anche nelle persone che non soffrono di alcun disturbo.
La crescente popolarità acquisita dallo Yoga negli ultimi decenni l’ha resa una delle attività fisiche più praticate al mondo, anche per via dei positivi effetti che ne derivano legati al benessere psicologico e al rilassamento, oltre che al benessere fisico.

Tuttavia, occorre avvertire sia gli insegnanti che gli allievi dei potenziali rischi che derivano da una pratica scorretta di questa disciplina: per citare le parole di Natalie Gartshore, un’insegnate di Yoga di lungo corso intervistata dalla BBC, “penso che lo Yoga sia vittima del suo stesso successo”: Natalie ha insegnato Yoga per 16 anni e denuncia la scarsa preparazione di alcuni insegnanti. “Non credo che ti venga detto abbastanza sull’anatomia e la fisiologia quando ti stai formando come istruttore. Il rischio è di eccedere con i limiti del proprio corpo”. La Gartshore, che a 40 anni ha subito un danno alla cartilagine dell’anca, esprime inoltre le proprie preoccupazioni sui carichi articolari a cui sono sottoposti gli insegnati di Yoga che seguono 5 o 6 classi al giorno e spesso anche durante i week end.

A conclusione di questo commento all’articolo pubblicato dal sito internet della BBC, suggerisco agli allievi e agli insegnanti di Yoga di prestare attenzione ai sintomi all’anca descritti, che compaiono durante il mantenimento delle posizioni dello Yoga, specie se questi non si risolvono spontaneamente con la sospensione temporanea dell’attività, se si ripresentano con il ripetersi delle posizioni o se ancor peggio si ripercuotono anche su altre attività extra-sportive e spesso basilari come la salita e discesa delle scale, l’accavallamento delle gambe, la posizione mantenuta a lungo come ad esempio durante i viaggi in auto o, nei casi peggiori, nelle posizioni che si assumono durante il sonno.
Non bisognerebbe arrivare ad una situazione in cui il dolore all’anca sia presente anche durante il cammino, onde evitare di giungere alla riabilitazione in fase troppo tardiva per poter avere dei benefici dalla fisioterapia, con il rischio di dover ricorrere alla chirurgia.

Dott. Ft. Antonello Viceconti Fisioterapista Specializzato in Riabilitazione dei Disturbi Muscoloscheletrici Dottorando di Ricerca in Neuroscienze

Bibliografia tratta da: www.bbc.com/news/health-50181155

1) www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5861026/
2) www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25636988

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Tecar: quello che non si dice sulle terapie vendute ai pazienti https://www.fisio2000.it/perche-non-abbiamo-mai-utilizzato-la-tecar-nel-nostro-studio-di-fisioterapia https://www.fisio2000.it/perche-non-abbiamo-mai-utilizzato-la-tecar-nel-nostro-studio-di-fisioterapia#comments Tue, 19 Sep 2017 17:50:00 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1191 Un approfondimento dovuto sulla scelta di non affidarsi alla tecarterapia.

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Molto spesso riceviamo telefonate da pazienti che prima ancora di parlare del problema di cui soffrono chiedono se è possibile fare delle sedute di TECAR presso il nostro studio. A questa domanda rispondiamo sempre di no, affermiamo che il nostro studio non possiede alcun apparecchio medicale, che non fa parte e non farà parte in futuro delle nostre dotazioni tecniche.
Dal momento che la risposta può sembrare “decisa” e generare dubbi, è nostra abitudine spiegare i motivi della scelta ai nostri pazienti, visto che il compito di un operatore sanitario dovrebbe essere anche e soprattutto quello di informare ed educare i propri pazienti.
Preferiamo il “no, non ce l’abbiamo e se mi da due minuti le spiego anche il perché…” al “no, provi da un’altra parte”… anche perché in questi anni avremmo potuto investire senza problemi su questo macchinario (con tutto il business che ne sarebbe derivato) se non fossimo stati veramente convinti della nostra scelta.
Esiste un detto anglosassone nel mondo scientifico, forse un po’ eccessivo ma sicuramente pragmatico come solo i britannici sanno essere, che dice “Dimostralo oppure abbandonalo”. Ed è questo il motivo principale per cui, nonostante le molte offerte di acquisto da parte di innumerevoli venditori del settore e le altrettanto innumerevoli richieste e telefonate da parte dei pazienti non ce la siamo mai sentita di proporre questa terapia.

Riguardo questo macchinario, di cui negli ultimi 10 anni si è sentito parlare ovunque, sono in realtà pochissimi (solo 4) gli studi pubblicati in merito alla sua efficacia nell’ambito delle patologie muscolo-scheletriche, per di più su riviste di basso livello e con diverse criticità metodologiche.
Tra l’altro si tratta di articoli quasi tutti provenienti da autori italiani e senza approfondire il tema verrebbe da pensare ad una grandiosa scoperta nostrana. Cosa ne pensano però i maggiori esperti al mondo?
Se fosse una terapia innovativa non potrebbe non essere conosciuta anche all’estero da chi si occupa da anni di ricerca e trattamento in ambito muscolo-scheletrico. E invece nulla… all’estero non ne hanno sentito nemmeno mai parlare.
Lo testimonia un’intervista che ha condotto personalmente il dottor Alessandro Giannini e che potete leggere, insieme alle altre tre puntate di cui si compone il suo “J’accuse”, al link riportato in fondo all’articolo.

I migliori esperti al mondo nell’ambito delle tendinopatie (dott.ssa Jill Cook, autrice di più di 100 articoli scientifici), del mal di schiena (dott. Peter O’Sullivan, autore di quasi 600 articoli scientifici) e altri esperti di patologie della spalla (dott.ssa Jo Gibson) e di pubalgia (dott.ssa Enda King) non ne hanno mai nemmeno sentito parlare.
Un fenomeno tutto italiano, quindi, che troppo spesso è utilizzato e accettato nella pratica clinica e che dovrebbe quantomeno alimentare dei dubbi sull’effettiva efficacia, senza fare affidamento sul classico “Eppure funziona” frutto più di sensazioni personali che di reali studi scientifici alla base.
Sono questi i veri quesiti ancora non affrontati in ambito scientifico relativi all’uso della TECAR. Potrebbero sembrare quesiti di poco conto e invece sono necessari per stabilire che una Terapia “A” funzioni o meno rispetto ad una Terapia “B” o rispetto al non far nulla.

Per concludere non possiamo che essere totalmente d’accordo con il dottor Giannini: “Dobbiamo smettere di utilizzare la tecar? Io credo proprio di si”.
Almeno fino a quando non ci saranno studi pubblicati di buona qualità e rigore metodologico che ci facciano pensare il contrario, non ce la sentiamo di far spendere soldi ai nostri pazienti in terapie il cui effetto dipende solo nella fiducia che esse funzionino e che il paziente ci creda.

Per approfondimenti sui presunti meccanismi alla base del successo della TECAR vi invitiamo a leggere l’articolo del dott. Giannini che potete trovare al link seguente:
Link – Parte 4

Per gli altri approfondimenti sulle basi teoriche della TECAR e le altre “Puntate” della rubrica del dott. Giannini:

Link – Parte 1
Link – Parte 2
Link – Parte 3

Dott. Ft. OMPT Antonello Viceconti

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Pratiche a rischio di inappropriatezza in ambito fisioterapico https://www.fisio2000.it/pratiche-a-rischio-di-inappropriatezza-in-ambito-fisioterapico https://www.fisio2000.it/pratiche-a-rischio-di-inappropriatezza-in-ambito-fisioterapico#comments Fri, 28 Oct 2016 11:43:53 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1153 Slow Medicine e l'Associazione Italiana dei Fisioterapisti lanciano un'iniziativa sull'utilizzo di terapie inefficaci

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Quante volte ci capita di leggere prescrizioni in cui sono indicate le “famose” 10 sedute di ultrasuoni o di trazioni vertebrali?
Come mai, soprattutto in alcune condizioni cliniche dove la crescente letteratura scientifica ha dimostrato la loro inefficacia?
Per dare risposta a questi quesiti e per favorire il dialogo tra pazienti e professionisti sanitari nel prendere decisioni terapeutiche trasparenti, consapevoli e condivise, Slow Medicine ha promosso il progetto “FARE DI PIÙ NON SIGNIFICA FARE MEGLIO – CHOOSING WISELY ITALY” (clicca qui per accedere al sito dedicato al progetto).
Esami diagnostici, trattamenti e procedure a rischio di inappropriatezza sono le tematiche affrontate.
Il progetto si basa sull’assunzione di responsabilità dei medici e degli altri professionisti sanitari nelle scelte di cura e sulla partecipazione dei pazienti e dei cittadini e viene attuato attraverso le raccomandazioni di Società Scientifiche e Associazioni Professionali italiane come l’Associazione Italiana dei Fisioterapisti che ha portato il suo contributo in merito alle conoscenze scientifiche disponibili in campo riabilitativo.
Slow Medicine ha prodotto quindi una lista di procedure e tecniche riabilitative che non apportano benefici significativi alla maggior parte dei pazienti ai quali sono prescritti, ma possono, al contrario, esporli a rischi: il primo di questi è la perdita di tempo utile a giungere a una diagnosi precisa e ad una cura adeguata.
Il miglioramento del dialogo e della relazione dei medici e degli altri professionisti con i pazienti e i cittadini passa anche attraverso il rapporto di fiducia che si ripone nella figura sanitaria ma è necessario anche che essi siano sufficientemente formati e informati sull’efficacia delle terapie e delle procedure diagnostiche, sulla base delle più recenti evidenze scientifiche.
La messa a punto del materiale informativo allegato ha quindi, per i cittadini, i pazienti e i professionisti sanitari l’obiettivo di favorire la conoscenza e di promuovere la consapevolezza in merito a scelte terapeutiche e diagnostiche opportune e adeguate.

Consigliamo a tutti i pazienti, quindi, di leggere e condividere diffusamente questo documento, scaricabile cliccando qui.

Buona Lettura a tutti.

Dott. Ft. OMT Antonello Viceconti

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L’osteopatia non è una prestazione sanitaria detraibile: truffe sempre in agguato per i pazienti https://www.fisio2000.it/losteopatia-non-e-una-prestazione-sanitaria-detraibile-le-truffe-sempre-in-agguato-per-i-pazienti https://www.fisio2000.it/losteopatia-non-e-una-prestazione-sanitaria-detraibile-le-truffe-sempre-in-agguato-per-i-pazienti#comments Wed, 27 Jan 2016 11:32:02 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=935 L'osteopatia non è ad oggi riconosciuta in Italia come prestazione sanitaria. Alcune considerazioni che ogni paziente dovrebbe sempre fare prima di scegliere da chi farsi curare.

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Sono sempre di più gli italiani che richiedono prestazioni osteopatiche, spesso suggerite anche dai medici: un fenomeno curioso dal momento che l’osteopatia, come altre medicine non convenzionali (l’omeopatia, l’agopuntura ecc…) non avendo trovato alcun riscontro e alcuna conferma scientifica, non è ad oggi riconosciuta in Italia come prestazione sanitaria.
Proprio per questa ragione per i pazienti che usufruiscono di prestazioni osteopatiche non è possibile portare in detrazione le spese sostenute, a meno che ad eseguire i trattamenti non sia un medico o un fisioterapista, quindi dei professionisti sanitari (si rimanda al link in fondo all’articolo per la circolare dell’Agenzia delle Entrate).
Disciplina efficace o meno (ma questo è un altro problema… la questione rimane ancora allo stato attuale controversa in attesa di future scoperte scientifiche) rimane il fatto che deve essere eseguita da un operatore già laureato in medicina o in fisioterapia; viceversa si prefigura il reato di abuso di professione e la prestazione non può essere detratta.
Per cui in guardia cari pazienti: se decidete comunque di rivolgervi ad un osteopata accertatevi sempre che sia in possesso di un titolo di laurea o titolo equivalente e, buona prassi seppur non obbligatoria, che sia iscritto all’AIFi o allo SPIF (le principali associazioni di categoria).
Purtroppo in assenza di un Albo (è triste dirlo ma è bene ricordarlo) bisogna affidarsi alla buona fede del professionista e all’attenzione del paziente nello scegliere in che mani ci si affida.

Detraibilità spese osteopatia

Dott. Ft. OMT Antonello Viceconti

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