La Gazzetta dello Sport è forse la testata sportiva più famosa, la più antica, “La Rosa” per antonomasia.
Tuttavia per chi opera in ambito sanitario fa sempre un certo effetto quando si leggono delle affermazioni “un po’ forti” come quelle pubblicate nei giorni scorsi a proposito delle terapie a cui si starebbe sottoponendo Cristiano Ronaldo e storcere il naso è lecito, e forse anche d’obbligo, quando i messaggi veicolano informazioni riguardanti la salute.
Certo, non è semplice provare a parlare di scienza e medicina quando sotto un titolo così sensazionale compare in bella vista la foto di Giorgina (la moglie di CR7) che sponsorizza una nota marca di reggiseni… d’altronde la Gazzetta non è nuova a questi titoli un po’ sensazionalistici, né si prende la briga di approfondire (vedi lettera inviata dal sottoscritto qualche tempo fa).
Credo però sia d’obbligo provare a fare una riflessione, soprattutto perché, ripensando al mio personale trascorso come fisioterapista del settore giovanile di una squadra di calcio a livello professionistico, so bene quale possa essere il fenomeno di emulazione da parte dei giovani calciatori. Di fronte a degli infortuni, soprattutto negli atleti in età adolescenziale, non si può essere così superficiali nell’indicare come terapia “miracolosa” costosissimi apparecchi tecnologici, ancor più se utilizzati dal più importante calciatore del mondo per accelerare (con tutti i rischi del caso) i tempi di recupero.
Per fortuna CR7 è un atleta straordinario, per cui tranquillizziamoci tutti: sarà in campo il 10 Aprile non tanto per effetto delle “cure miracolose”, ma quanto per la sua straordinaria determinazione, per la sua riconosciuta professionalità e probabilmente anche per via di un pizzico di fortuna (che non guasta mai) visto che la lesione muscolare procuratasi con la nazionale portoghese è meno grave del previsto.
Insomma Cristiano Ronaldo ha già tutto dalla sua parte (fortuna, professionalità, scrupolo maniacale verso la forma fisica, motivazioni alle stelle e concentrazione), ma se dopo la partita con l’Ajax la sua prestazione sarà all’altezza del suo nome (me lo auguro), per i tifosi risulterà logico pensare che il “miracoloso recupero” di CR7 sia stato il frutto di qualcosa di “magico”, che secondo la Gazzetta ha anche un nome (Tecar) e viene così descritta:
“Non ha particolari controindicazioni e ci si può sottoporre anche a più sedute al giorno. Il suo principale beneficio è quello di ridurre di tempi di recupero, anche favorendo la vasodilatazione a livello dei vasi sanguigni e linfatici e determinando un maggiore afflusso di sangue”.
Non mi dilungherò a descrivere questo tipo di terapia fisica: ho avuto modo di parlarne ampiamente già in passato (Articolo 1, Articolo 2) e chi vorrà, potrà approfondire l’argomento.
Ciò che mi preme sottolineare è in realtà un concetto molto semplice: “tecnologia” non sempre è sinonimo di “innovazione” e di fatto, al di là delle promesse, l’effetto che si ottiene con l’applicazione della Tecar è semplicemente di riscaldamento dei tessuti superficiali (più o meno profondi) per effetto della conduzione termica. Insomma è uno strumento in grado di produrre calore, un rimedio vecchio come il mondo…altro che innovazione!
Nonostante il mondo della riabilitazione sia abituato alle ondate di popolarità ora di questa tecnica, ora di quell’altra, fa fatica invece a liberarsi dal “mito” della Tecar. Forse perché si prescrive ancora tanto, forse perché sono proprio i pazienti a richiederla, forse perché l’offerta, a fronte dell’investimento, restituisce ancora notevoli margini di guadagno (se si considera il costo medio della prestazione in rapporto alla bassa durata di una seduta). Eppure i pazienti dovrebbero essere messi al corrente che nessuno studio è ancora riuscito a dimostrare nulla, se non (come già detto) che l’effetto prodotto è quello del riscaldamento dei tessuti (nota 1): insomma analogo a quello di una buona borsa dell’acqua calda.
Perché allora sottoporsi alla tecarterapia nonostante la mancanza di evidenze scientifiche? Perché nel percorso riabilitativo di alcuni pazienti la Tecar ha probabilmente acquisito un valore aggiunto dato non tanto dalla sua efficacia, quanto dalla percezione che i pazienti hanno della sua efficacia. Il contributo in termini motivazionali di terapie come la Tecar può essere molto importante perché in fin dei conti dentro di noi siamo un po’ tutti dei “CR7″, ansiosi di guarire e in attesa della “scintilla” che possa farci iniziare il miglior percorso riabilitativo in grado di farci guarire il prima possibile. Anche se questo, lo ammetto, toglie un po’ di “magia” ai fisioterapisti e la restituisce (con merito) ai pazienti.
Ho la fortuna di conoscere e di aver collaborato con un brillante collega fisioterapista che ha pubblicato diversi articoli scientifici sull’efficacia e l’importanza dell’effetto placebo in riabilitazione (note 2,3,4) e voglio essere subito chiaro in merito: l’effetto placebo non è un inganno (se usato in scienza e coscienza). E’ uno straordinario potere della nostra mente (nota 5) e sfrutta le stesse vie biochimiche dei farmaci (nota 6). Quindi è molto potente, quasi come il doping (note 7,8,9) al punto che anche alcune terapie inerti e prive di dimostrazioni scientifiche (quale è ad oggi la Tecar) possono essere d’aiuto in affiancamento alle terapie di elezione.
Tutti (fisioterapisti e pazienti) devono però esserne consapevoli, sapendo come e quando “sfruttare” questo volano senza false informazioni e soprattutto senza creare dei miti. Vista la popolarità crescente della Tecar su quotidiani come la Gazzetta dello Sport una domanda sorge spontanea: siamo pronti a riconoscere l’effetto placebo? Lo sono i pazienti? Lo siamo noi professionisti sanitari? Forse i tempi non sono ancora maturi e il rifugio della “miracolosa terapia” appare ancora il porto più sicuro e più popolare.
*Articolo Citato: www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Juventus/29-03-2019/juve-ronaldo-operazione-recupero-piscina-tecarterapia-330295641159.shtml
*Fonte Foto: Gazzetta dello Sport
*Bibliografia:
1 Kumaran B, Watson T. Skin thermophysiological effects of 448 kHz *capacitive resistive* monopolar radiofrequency in healthy adults: A randomised crossover study and comparison with pulsed shortwave therapy. Electromagn Biol Med. 2018;37(1):1-12.
2 Testa M, *Rossettini* *G. *Enhance placebo, avoid nocebo: How contextual factors affect physiotherapy outcomes. Man Ther. 2016 Aug;24:65-74.
3 *Rossettini* G, Carlino E, Testa M. Clinical relevance of contextual factors as triggers of placebo and nocebo effects in musculoskeletal pain. BMC Musculoskelet Disord. 2018 Jan 22;19(1):27.
4 *Rossettini* G, Palese A, Geri T, Fiorio M, Colloca L, Testa M. Physical therapists’ perspectives on using contextual factors in clinical practice: Findings from an Italian national survey. PLoS One. 2018 Nov 30;13(11):e0208159.
5 Frisaldi E, Piedimonte A, *Benedetti* F. *Placebo* and nocebo effects: a complex interplay between psychological factors and neurochemical networks . Am J Clin Hypn. 2015 Jan;57(3):267-84.
6Benedetti F, Piedimonte A, Frisaldi E. How do placebos work? Eur J Psychotraumatol. 2018 Oct 25;9(Suppl 3):1533370.
7Pollo A, Carlino E, *Benedetti* F. *Placebo* *mechanisms* *across* *different* *conditions*: from the clinical setting to physical performance. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2011 Jun 27;366(1572):1790-8.
8Pollo A, Carlino E, *Benedetti* F. The top-down influence of ergogenic *placebos* on muscle work and fatigue. Eur J Neurosci. 2008 Jul;28(2):379-88.
9*Benedetti* F, Pollo A, Colloca L. The top-down influence of ergogenic *placebos* on muscle work and fatigue. Eur J Neurosci. 2008 Jul;28(2):379-88.